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Roberto Succo

Non c'è analisi interiore in Roberto Succo, c'è solo la perfetta rappresentazione di una vita "fuori" nel senso stretto della parola. Le tessere del mosaico appaiono incoerenti e sembrano disegnare forme incomprensibili, ma incomprensibile è la violenza del giovane, la lucidità nel preservare la sua latitanza pur continuando ad aggredire, a trucidare, a violentare donne, ad amare una ragazzina del liceo. La gratuità delle sue gesta: la loro totale irrazionalità costituisce una delle ragioni del disorientamento degli investigatori ed è riuscito alla perfezione l'alternare parallelo delle scene in cui la polizia tenta la difficile ricostruzione dei fatti e quelle che dicono della completa illogicità dell'agire del giovane diretto a impattare su un mondo a volte totalmente privo di riferimenti, che non si interroga su nulla, nemmeno delle fucilate esplose sul frequentatore di una discoteca all'uscita del locale. Una storia davvero fuori dall’ordinario questa, tremenda e surreale. Ma facciamo un passo indietro e cominciamo dal principio: Roberto Succo nasce a Mestre nel 1962. Intelligente, dal fisico prestante e con gli occhi azzurri, dietro a questo ragazzo apparentemente normale, si nasconde un mostro senza coscienza. A soli diciannove anni, il 12 aprile 1981, Roberto uccide i propri genitori: il padre Nazario di cinquantatre anni, poliziotto (al quale ruba la pistola di ordinanza), viene strangolato, mentre la madre Maria, quaranta anni casalinga, viene accoltellata. I corpi esanime vengono lasciati a marcire nella vasca da bagno. Le indagini portano subito al figlio Roberto, che però nel frattempo è scomparso da casa. Passano solo 2 giorni prima del suo arresto, avvenuto dopo una colluttazione con un sottufficiale che lo aveva riconosciuto. Alla polizia, Succo si giustificò dicendo: "la mamma mi aveva escluso, a scuola andavo male, mio padre non voleva prestarmi l'auto!" Roberto viene cosi dichiarato schizofrenico e totalmente infermo di mente dal tribunale di Venezia l'8 ottobre 1981. Internato in un ospedale psichiatrico, dove avrebbe dovuto restare in osservazione per dieci anni, nel 1986 fugge durante un permesso per frequentare l'università e si rifugia in Francia. Nel paese transalpino, Succo miete diverse vittime e allaccia una morbosa relazione con una ragazza sedicenne, che finirà comunque per lasciarlo dopo l'ennesima lite, esasperata dai comportamenti violenti del ragazzo (anche sotto il profilo sessuale). Tra le vittime francesi di Succo, troviamo un brigadiere svizzero, Andrè Castillo, freddato nell'aprile del 1987, un medico, un ispettore di polizia e, sempre nello stesso anno, due diciassettenni, violentate e ammazzate a colpi di pistola. Rientrato in Italia, Succo viene catturato vicino a Treviso, il 28 febbraio 1988. "Sono un killer" – dichiara – "per mestiere ammazzo la gente!". Durante l'interrogatorio, confessa anche che prima di sparare alle sue vittime, gli urlava "Je te tue" (ti uccido). Già al primo giorno di detenzione, Succo tenta di evadere, improvvisando una conferenza stampa sul tetto del carcere di Treviso. Rimasto ferito (quattro costole rotte), viene trasferito a Vicenza, dove, nella notte tra il 22 e 23 maggio 1988, muore suicida nella cella di isolamento, soffocato da un sacchetto di plastica e una bomboletta di gas. Prima di morire, Succo, fu nuovamente sottoposto a perizie psichiatriche che lo confermarono totalmente incapace di intendere e di volere, affetto da schizofrenia paranoie e idee di superiorità. Con il proprio suicidio, è svanita la vita di un ragazzo apparentemente normale, ma che era invece uno dei più spietati serial killer italiani, tanto da ispirare un film candidato al festival di Cannes, intitolato appunto "Roberto Succo". Termina così la sua storia terribile e romanzesca che lascia davvero sbigottiti.

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