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Epilogo della vicenda

La confessione di Albert Fish, arrivò pochi giorni dopo e fu un'odissea di perversioni e depravazioni indicibili. Raccontò che nell'estate del 1928 era stato assalito da una forte sete di sangue. Le sue intenzioni iniziali erano di adescare solo il giovane Edward, portarlo il un luogo segreto, tagliargli il pene e farlo morire dissanguato. Aveva anche comprato una mannaia per l'occasione. Dopo la prima visita in casa Budd, Fish aveva però capito che non c'erano speranze di sopraffarlo, perciò aveva ripiegato sulla piccola Gracie, sin dal primo momento che l'aveva vista. Tutto il resto corrisponde alla delirante missiva che Fish aveva mandato a Delia. Per fortuna l’uomo aveva omesso di aver decapitato la ragazzina con un seghetto, raccolto il suo sangue in un secchio e di aver buttato gli “scarti” al di là di un recinto. Il giorno successivo la polizia e Fish si recarono a recuperare i resti della povera Gracie. L'anziano non tradì nessuna emozione, così come non fece una piega nel faccia a faccia con i genitori. Nei giorni successivi proseguirono gli interrogatori, ma nessuna domanda gli venne mai rivolta a proposito del cannibalismo al quale si accennava nella lettera. Troppo folle per essere vero... e soprattutto una cosa del genere avrebbe facilitato fin troppo la difesa nel sostenere l'infermità mentale. Mentre Albert Fish rimase in galera con l'accusa di rapimento e omicidio, un conducente di carretti si presentò alla stazione di Brooklyn e riconobbe sia le foto dell'anziano omicida che quelle del piccolo Billy Gaffney, aggiungendo di averli visti insieme. Fish è così costretto a confessare anche questo omicidio. Dopo aver legato, imbavagliato e denudato il bambino, lo lasciò in una discarica fino alle due del mattino. Nel frattempo si recò a casa per prendere il suo amato gatto a nove code. Un frustino artigianale, costruito da Fish stesso, molto pesante, dal manico corto, composto solo da diverse strisce di cuoio, tagliate e legate insieme. Con questo oggetto sferzò il bambino sulle gambe fino a farlo sanguinare, quindi lo uccise tagliandogli la faccia da orecchio a orecchio, passando il pugnale tra la bocca e il naso. Infine, non contento, gli infilò il coltello nell'addome, provocando una ferita profonda e bevendo il sangue che ne sgorgava fuori. Naso, orecchie, addome e fondoschiena vennero mangiati con cipolle e carote. Testa, braccia e gambe vengono invece messi in sacchi di patate, insieme a pesanti sassi, e buttati in un fiumiciattolo. Il pene, a quanto riferì, venne vomitato perché indigeribile. Qualche giorno dopo questa confessione, una ragazza riconosce in Albert Fish l'uomo grigio che aveva avvicinato Francis MacDowell (del quale Fish ha mangiato le orecchie condite con bacon) e, grazie alla testimonianza di un'altra persona, il folle omicida viene legato anche alla scomparsa di una 15enne, Mary O'Connor, avvenuta nel 1932 a Far Rockway. Il corpo della ragazzina venne trovato poco lontano da una delle ultime case in cui Fish aveva lavorato come decoratore. Con tutte queste accuse a suo carico, il serial killer aveva veramente poche possibilità di cavarsela e di scampare alla pena di morte: la sua unica salvezza, ora, si chiama infermità mentale. Venne così esaminato dal Dott. Fredric Wertham. Dal loro colloquio emerse una personalità psicopatica e paranoica, con una sessualità molto malata e tendenze sado-masochistiche. L’uomo, inoltre, è influenzato profondamente dalla religione e ossessionato dalla punizione fisica. Con una freddezza unica Fish racconta allo psichiatra la propria vita, i propri omicidi, il proprio sado-masochismo. L'assassino riferisce di aver ucciso almeno 100 bambini e di averne molestati almeno 400. Preferiva gli afro-americani perché la loro scomparsa attirava meno l'attenzione dell'opinione pubblica e della polizia. Aggiunse anche di aver vissuto in 23 stati diversi e di aver ucciso o mutilato un bambino in ogni quartiere in cui aveva abitato. In un suo trattato sulle menti criminali, il Dottor Werthman scriverà che Fish raccontava le proprie azioni con la stessa freddezza e tranquillità che una massaia utilizzerebbe parlando di cucina. Solo gli occhi luccicanti e trepidanti tradivano la sua eccitazione. Quando Fish cominciò a parlare del suo sado-masochismo, e sopratutto della sua mania di conficcare ai bambini, e a se stesso, dei lunghi aghi nella zona pelvica e nello scroto, i dottori che lo stavano studiando cominciarono a dubitare che dicesse il vero. Una radiografia della zona pelvica dell'assassino li smentirà: ben 29 aghi compariranno nella lastra. Werthman non è l’unico a dichiarare Fish malato di mente e alienato. Ciò nonostante nel 1935 cominciò il processo a carico dell’assassino e, fin da subito, si ha l’impressione che Fish verrà condannato. Il dibattimento diventa ben presto una girandola di testimonianze e interrogatori. L'avvocato difensore cerca in tutti i modi di dimostrare che il suo cliente è malato di mente e per questo va rinchiuso in un manicomio. L'avvocato dell'accusa, invece, tenta di dimostrare che Fish è solamente un pervertito sessuale e un assassino, sano di mente e cosciente della differenza tra giusto e sbagliato. In sede di processo basta infatti dimostrare questa ultima cosa per dichiarare l'imputato capace di intendere e volere. Fish assistette in maniera distaccata e fredda al proprio processo e alle deposizioni più o meno scioccanti. Aprì bocca una sola volta, per chiedere al proprio avvocato di salvarlo, poiché “Dio ha ancora tanto lavoro per me”. Il verdetto arrivò dopo solo 10 giorni di dibattito: Albert Hamilton Fish venne ritenuto colpevole di 15 omicidi e sospettato di altri 100, perciò è condannato alla sedia elettrica. Il giorno dopo i giornali scrissero che Fish alla lettura della sentenza si alzò in piedi, con gli occhi umidi ringraziando il giudice. Il 16 Gennaio 1936 Albert Fish fu giustiziato sulla sedia elettrica. Egli stesso aiutò gli inservienti a legargli le fibbie intorno alle braccia e ammise commosso che la corrente elettrica era l'unico piacere sado-maso che mancasse al suo “repertorio”. Ci vollero due potenti scariche per ucciderlo: al primo tentativo, l'intero impianto andò in corto circuito grazie agli 29 aghi metallici piantati nel suo pube.

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