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COGNE - "Non è vero, non sono stata io". E' indagata per omicidio volontario aggravato dalla parentela, un reato per il quale rischia l'ergastolo, eppure quando glielo hanno detto si è mostrata abbastanza tranquilla. Però decisa: sarebbero state queste, "non sono stata io", le prime parole di Anna Maria Franzoni ai carabinieri di Aosta nella caserma di Vergato, sull'Appennino bolognese, mentre i militari le notificavano l'ordinanza di custodia cautelare che l'accusa di avere ucciso il figlio Samuele. La svolta è arrivata dunque nella notte, dopo un mese e mezzo di indagini, rilievi, perizie, interrogatori, chiacchiere da bar, assedi di tv e giornalisti e soprattutto tanto sgomento per la gente di Cogne e un infinito dolore per chi voleva bene al piccolo Samuele.

I carabinieri di Aosta erano arrivati a tarda sera al comando di compagnia dell'Arma a Vergato, poco distante da Monteacuto Vallese, dove abita la famiglia di Anna Maria Franzoni e dove la donna, il marito Stefano Lorenzi e l'altro figlio Davide si erano rifugiati nelle ultime settimane. Intorno a mezzanotte i carabinieri hanno telefonato a casa Franzoni, per convocare Anna Maria per una "notifica importante". Insieme al padre e al marito, la donna ha raggiunto la caserma: dove, appunto, le è stata notificata l'ordinanza di custodia cautelare. Nella prima pagina del provvedimento le si contesta "il delitto previsto e punito dagli articoli 575 e 577 comma 1, numero 1, del codice penale, perché colpendo alla testa il proprio figlio Samuele Lorenzi, di anni tre, con numerosi e ripetuti colpi, ne cagionava la morte. Con l'aggravante di aver commesso il fatto in danno del figlio di anni tre". Dopo le usuali procedure, come le foto segnaletiche, sarebbe partita per il carcere delle Vallette, a Torino tra le 4.30 e le 5.

Ora Anna Maria, alle Vallette, è in cella da sola. Il gip Gandini ha chiesto che venga piantonata e controllata a vista perché, ha spiegato, "non possa commettere anche su se stessa fatti gravi". La signora sarà ascoltata dal magistrato questa mattina o al più tardi domani. Aveva chiesto di essere accompagnata dal marito nel viaggio verso Torino. Impossibile, le è stato risposto. Il provvedimento del gip, mandandola in carcere, non lo consentiva.

Samuele, tre anni, era stato trovato morto la mattina del 30 gennaio scorso nel letto matrimoniale della villetta di Montroz dove viveva la famiglia Lorenzi. A scoprire il cadavere era stata la mamma. Uscita di casa alle 8.16 per accompagnare il figlio più grande, Davide, di sei anni, alla fermata dello scuolabus a poche decine di metri dalla casa, la giovane donna ha sempre sostenuto che, al suo rientro, alle 8.24, era entrata nella camera da letto ed aveva trovato il piccolo in un lago di sangue, sotto le coperte del letto.

Da quel momento e fino a questa notte è stato tutto un rincorrersi di ipotesi, illazioni e sospetti sulle cause della morte del piccolo Samuele, in bilico fra le indagini nell'ambito familiare e l'ipotesi di un mostro, sostenuta con forza da Anna Maria Franzoni in una recente, drammatica intervista. Ascoltata più volte dai carabinieri e dai magistrati, il procuratore Maria Del Savio Bonaudo e il sostituto Stefania Cugge, Anna Maria Franzoni ha sempre proclamato la sua innocenza. Insieme al marito, Stefano Lorenzi, 35 anni, elettricista, con il quale è sposata dal '93, la donna si era trasferita da alcune settimane nel suo paese natale, Monteacuto Vallese, per sfuggire alla pressione dei media. E lì sono andati a prenderla stanotte i carabinieri.
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